Morto Pelosi, l'unico a sapere la verità sull'omicidio di Pasolini

Morto Pelosi, l'unico a sapere la verità sull'omicidio di Pasolini
di Claudio Marincola
2 Minuti di Lettura
Giovedì 20 Luglio 2017, 19:44 - Ultimo aggiornamento: 21:51
Da ieri il mistero della morte di Pier Paolo Pasolini è ancora più grande: Pino Pelosi, 59 anni compiuti nel giugno scorso, si è arreso ad un male incurabile. Per la giustizia è rimasto l’unico assassino condannato per l’omicidio dello scrittore.

Da due settimane era ricoverato al policlinico Agostino Gemelli, poi due giorni fa il trasferimento all’Hospice Villa Speranza dove è arrivato in coma ed è deceduto senza riprendere conoscenza. La sua vita è cambiata la notte del 1° novembre 1975 quando, all’età di 17 anni - come ha stabilito il processo d’appello, in “complicità con ignoti“ - ha selvaggiamente assassinato lo scrittore passandogli sopra a bordo di una Alfa Gt all’Idroscalo di Ostia.

L’opinione pubblica dell’epoca non ebbe dubbi, prese per buona la versione fornita da “Pelosino”, detto anche la Rana che disse, consigliato dal suo avvocato, di aver fatto tutto fa solo. Versione piena di contraddizioni e vuoti, rimessa in discussione dall’ultima riapertura dell’inchiesta che ha confermato, dopo l’esame dei Dna, la presenza quella maledetta notte di altre persone. Un cold case mai risolto.

La vita di Pelosi è stata attraversata da altri episodi. Un via vai fuori e dentro il carcere, varie condanne per reati minori, per consumo e spaccio di droga, un grave incidente stradale in cui morì il suo più caro amico. L’esistenza spericolata di un ragazzo di vita cresciuto sulla Tiburtina tra piccole gang e pericolose frequentazioni. Eppure negli ultimi anni Pino La Rana era riuscito a rimettersi in carreggiata. Era stato assunto nel 2006 alla cooperativa 29 Giugno come giardiniere e quando la cooperativa legata a Salvatore Buzzi era finita nell’inchiesta su Mafia capitale ed era entrata in crisi aveva deciso di aprire un bar insieme ad alcuni amici a Testaccio.

Ha scritto in collaborazione con amici e avvocati due libri fornendo versioni ogni volta diverse, avvicinandosi però sempre alla verità. Poi la malattia e il matrimonio, non più di due mesi fa, quando forse già sapeva di avere i giorni contati. Al Gemelli lo psicologo temeva che le sue condizioni gravissime lo portassero a tentare il suo suicidio e si era raccomandato con gli infermieri, “chiudete sempre le finestre“. Lui sentì e gli rispose: “Dottò, tranquillo: non ci penso nemmeno“.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA