Marino, pronta la mozione di sfiducia in Campidoglio. E la maggioranza si spacca

Marino, pronta la mozione di sfiducia in Campidoglio. E la maggioranza si spacca
di Fabio Rossi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 8 Ottobre 2015, 05:42 - Ultimo aggiornamento: 08:46
Il giorno più lungo di Ignazio Marino, mai come ieri arrivato a un passo dall'addio a Palazzo Senatorio, si chiude con l'ultima mina, pronta a esplodere: Sel sta preparando una mozione di sfiducia, da presentare in consiglio comunale, di cui oggi i dirigenti romani del partito discuteranno con Matteo Orfini, per cercare sponde nello stesso Pd. Tutto ciò al termine di ore fibrillanti, scandite da alti e bassi e da voci che si contraddicevano continuamente. Marino ha deciso la mossa finale - il rimborso delle spese di rappresentanza e la restituzione della carta di credito - come estremo tentativo di sparigliare le carte. Una scelta arrivata dopo una lunga riunione con il suo cerchio magico: gli assessori Alessandra Cattoi e Alfonso Sabella e il capo di Gabinetto Luigi Fucito gli hanno consigliato di fare un passo indietro, ma lui, dopo due ore di riflessione, ha deciso di andare avanti. Ma anche dopo alcuni contatti telefonici con esponenti di primo piano del Pd, in primis Matteo Orfini.





LE RIUNIONI

Nel pomeriggio di ieri, il presente e il futuro dell'amministrazione comunale si sono giocati, in contemporanea, in due sale al primo piano di Palazzo Senatorio: mentre la sala degli Arazzi ospitava la riunione di giunta più drammatica della consiliatura, in aula Giulio Cesare si svolgeva l'assemblea capitolina in un clima definito, da più di un consigliere Pd, «da ultimi giorni di Pompei». In consiglio passavano due delibere sul riconoscimento di debiti fuori bilancio, risalenti al 2011 e 2012, ma il pensiero di tutti era rivolto esclusivamente a ciò che stava accadendo lì vicino. Dove, esaurito il tema dei trasporti, Marino ha chiesto ai suoi assessori, senza giri di parole: «Cosa devo fare?». Ricevendo come risposta l'invito ad andare avanti, sulla linea individuata poco prima nelle riunioni ristrette con le persone a lui più vicine. Alla fine della giunta, parte la litania delle dichiarazioni di sostegno al primo cittadino: «Abbiamo leso molti, interessi in questa città che stanno reagendo», dice Maurizio Pucci; «Sarebbe veramente un delitto interrompere una riforma della nostra città», si accoda Marta Leonori.



L'ASSEMBLEA

Le posizioni, nella maggioranza capitolina, sono però assai variegate. L'area renziana è sempre più orientata ad andare al voto, mentre tra gli altri consiglieri dem prevale l'incertezza e lo sbigottimento. Ma l'affondo più forte arriva dall'ala sinistra della coalizione che ha vinto le elezioni comunali del 2013: «Riteniamo che sia atto di responsabilità verso il consiglio comunale e la città che lo stesso sindaco venga al più presto in Aula a riferire e a chiarire gli interrogativi che stanno emergendo», scrivono in un comunicato il segretario romano di Sel Paolo Cento e il capogruppo Gianluca Peciola. Ma da quanto si apprende i vendoliani sono pronti alla mozione di sfiducia.



Un atto che avrebbe un effetto dirompente, visti i numeri in assemblea: se la minoranza votasse compatta per la sfiducia, insieme a Sel, l'esito sarebbe sul filo dell'equilibrio. A questo punto, soprattutto in caso di scrutinio segreto, basterebbe anche una singola defezione nella maggioranza - dove i maldipancia si sprecano - per far cadere l'amministrazione Marino. Intanto l'opposizione fiuta il vento di burrasca e affila le armi. Alfio Marchini si affida a Twitter: «Marino: è vero, ho messo le mani in tasca dei romani. Li restituisco e resto al mio posto. Palazzo Chigi?», scrive l'imprenditore sul social network. «Marino può restituire al Comune quel che desidera - sottolinea Marco Pomarici (Noi con Salvini) - Le spese allegre però non spariscono e non ci sono più le condizioni perché rimanga sindaco di Roma».