Madia: «Statali, 50 mila assunzioni e sblocco del turn over»

Madia: «Statali, 50 mila assunzioni e sblocco del turn over»
di Andrea Bassi
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Sabato 18 Febbraio 2017, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 07:47

Ministro Marianna Madia, le cronache continuano a riportare casi di dipendenti pubblici che timbrano il cartellino per poi marinare il lavoro. Ormai sembra un rumore di fondo. Ieri avete confermato le norme sui licenziamenti sprint dei furbetti. Eppure, secondo i dati del suo ministero, nel 2015 su 3 milioni di statali quelli allontanati per assenteismo sono stati poco più di 100. La guerra è dunque persa?

«Credo che si continuino a raccontare questi fatti per una serie di ragioni. La prima è che le leggi precedenti funzionavano male. La seconda è che piace raccontare la Pubblica amministrazione come una realtà di assenteisti».

I casi sono obiettivamente tanti.
«Quello che suscita l’indignazione dei cittadini non è tanto sapere che esiste una minoranza di dipendenti infedeli. Piuttosto ciò che fa arrabbiare è che davanti all’evidenza di un comportamento scorretto, viene percepito un lassismo nel sanzionarlo. Premesso che i licenziamenti non sono il cuore della riforma, il nostro primo intervento in questo contesto, è stato di equilibrio e buon senso. Abbiamo detto: se io vedo, con una prova evidente in un video che stai truffando sulla presenza, non è che apro un procedimento disciplinare che dura quattro mesi, magari inficiato da vizi formali, e che dunque non arriva mai alla sanzione. Ti sospendo subito dallo stipendio ed entro 30 giorni decido se vai licenziato». 

Salvini sostiene che è la quarta volta che approvate la legge contro i furbetti?
«La norma è in vigore e funziona da luglio. Il governatore Zaia, collega di Salvini, aveva provato a bloccarla, come altre norme tra cui il taglio delle partecipate. Ma noi sulle cose giuste non ci fermiamo, andiamo avanti».

La riforma del pubblico impiego che lei si appresta a presentare al Consiglio dei ministri, promette un’amministrazione più efficiente, dunque una lotta ai fannulloni, che dall’altro lato significa premiare i migliori. Sugli assenteisti quali altre misure saranno adottate?
«Noi abbiamo sempre detto, anche in questo caso a seguito di noti casi di cronaca, che avremmo messo un faro sulle assenze reiterate e sulle assenze di massa. E su questo nel Testo unico che approveremo giovedì avremo una norma che impone al contratto la sanzione sulle assenze di massa e reiterate. Abbiamo inserito anche un altro principio, preventivo direi. Se si verificano episodi di assenze di massa in giorni strategici, quali possono essere le giornate in cui è prevista una particolare manifestazione, il salario accessorio non può aumentare». 

Ma questo blocco degli incentivi dovrebbe valere solo per gli “assenteisti” o per tutti, anche cioè per coloro che si sono recati regolarmente al lavoro?
«Per tutti. L’idea è che ci sia uno spirito di gruppo in un ufficio. È un disincentivo alle assenze di massa. Immagino che questa norma non sarà mai applicata perché sono sicura che non si verificheranno casi simili».
 
Parliamo invece del merito. La legge Brunetta, mai entrata in vigore, aveva stabilito delle gabbie: il 25% dei dipendenti più bravi avrebbe avuto il 50% dei premi, il 25% dei peggiori, nulla. Dopo che per un certo numero di volte il dipendente fosse finito tra i peggiori, sarebbe scattato il licenziamento per rendimento inadeguato. Come cambierà questa regola?
«Io credo nella valutazione all’interno della Pubblica amministrazione. E credo che per valutazione si debba intendere una differenziazione». 

Niente premi a pioggia, dunque?
«Credo che l’obiettivo di valutare e di premiare, sia quello di dare servizi migliori ai cittadini. Quindi non posso accettare la logica di Brunetta che era una logica punitiva fine a se stessa. Immaginiamo una sala operatoria. Secondo Brunetta, alla fine, valutando l’individuo, devo fare una lista di buoni e cattivi. Decidere per esempio che, per forza, in quella sala operatoria un quarto degli infermieri debba perdere, e le do la cifra reale, 200 euro al mese. In questo modo si decurterebbero a prescindere stipendi, non perché un cittadino ha ottenuto un disservizio, ma perché così Brunetta è contento e ha la lista dei cattivi. Questa logica è sbagliata».

Ma allora come si fa a premiare il merito?
«Innanzitutto noi confermiamo quello che è già previsto oggi, ossia che il 50% del salario accessorio deve essere legato alla performance. Ma cambiamo concezione rispetto al fatto che la performance è valutazione individuale: è anche valutazione collettiva. Per questo diciamo che servono linee generali sugli obiettivi della valutazione. Non dovrà più essere possibile dare un premio perché si è partecipato ad una riunione o semplicemente inviata una mail. Ci saranno obiettivi generali, d’intesa con Comuni e Regioni». 

Che tipo di obiettivi?
«Non legati a scelte politiche, ma ai bisogni reali dei cittadini. Dovranno riguardare la vita quotidiana delle persone, come per esempio il taglio dei tempi delle liste d’attesa, un minor tempo se chiedo un ammortizzatore sociale, più servizi digitali. Così via. Sul raggiungimento di questi obiettivi legati ai servizi ai cittadini daremo il 50% del salario accessorio». 

I cittadini potranno dare un voto al servizio ricevuto da un’amministrazione. Anche questo peserà sui premi?
«È importante ricevere la voce dei cittadini. Poi saranno gli organismi indipendenti di valutazione a soppesare queste segnalazioni». 

Come si farà invece a valutare i peggiori. Nella Brunetta potevano essere licenziati per scarso rendimento...
«Sfido chiunque a capire lo scarso rendimento come lo aveva concepito Brunetta. Era inattuabile. Nella nostra proposta chiariamo cosa significa scarso rendimento».

E cosa significa?
«Che puoi essere mandato via in caso di reiterata valutazione negativa della performance nell’arco di un triennio. Inoltre, abbiamo previsto che nei casi di sospensione disciplinare per più di un anno, nell’arco del biennio, puoi essere licenziato». 

Quanti giudizi negativi si dovranno avere per essere licenziati?
«Si valuta ogni anno, ma il piano è triennale. Reiterato significa tre giudizi negativi».
Quanti sono i precari che verranno stabilizzati con la riforma del pubblico impiego?
«Secondo le nostre stime sono circa 50 mila. Abbiamo considerato coloro che hanno contratti temporanei da oltre tre anni. Il piano sarà in vigore dal 2018 al 2020».

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha lanciato l’idea di un programma di assunzioni straordinarie nel pubblico impiego, dove invece c’è ancora un rigido blocco del turn over. È praticabile?
«Sulle assunzioni nel Testo unico decidiamo che va ripreso un reclutamento regolare. In questi anni con la crisi si sono bloccate le entrate. Poi però servivano le professionalità e si sono usati i contratti precari. Queste persone, vittime di un cattivo reclutamento, saranno assunte se hanno già superato un concorso. Per gli altri ci saranno concorsi con posti riservati. Per il futuro se un giovane ambisce di mettere le sue capacità a disposizione della Pubblica amministrazione, deve poter fare un concorso». 

Il turn over verrà dunque sbloccato?
«Stiamo ragionando nell’ambito del governo di rivedere il turn over per gli enti locali. Nel Testo unico ci sarà una norma sperimentale sulle Regioni e sulle Città metropolitane virtuose».
 
Qualcuno sostiene che la Consulta ha di fatto smontato la riforma della Pa. Il Testo unico sarà a prova di Corte Costituzionale? 
«Tutti i decreti legislativi approvati prima della sentenza, la stessa Corte ha confermato che rimanevano in vigore ed efficaci. La Consulta non ha rilevato un vizio di merito, ma su quattro delle 16 deleghe soltanto un vizio procedurale. Tra l’altro, cambiando idea rispetto alle decisioni precedenti e spiegando che si trattava di una sentenza “evolutiva”. Solo che innovava su un testo di riforma che era stato approvato un anno e mezzo prima. Posso dire che noi non abbiamo sbagliato». 

Chiuso il Testo unico si apre il tavolo sul contratto con l’aumento di 85 euro.
«Stiamo chiudendo il riparto delle risorse del fondo finanziato nella manovra e che serve a diversi scopi. La parte prevalente andrà ai dipendenti pubblici. Ci sono 900 milioni per il 2017 che diventano 1,2 miliardi nel 2018».

Che però non bastano...
«Sono circa la metà delle risorse necessarie. Il resto lo stanzieremo nella prossima Legge di stabilità».

Non con il Def di aprile?
«Il Def è a legislazione vigente».
 

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