Mafia capitale: droga, biglietti e magliette la rete del business in curva

Mafia capitale: droga, biglietti e magliette la rete del business in curva
di Claudia Guasco
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Sabato 13 Dicembre 2014, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 18:04

ROMA - Ogni filone può portare a un giacimento e Massimo Carminati, il cui mestiere è fiutare buoni affari, non ha preclusioni di sorta.

Tratta con la medesima dimestichezza politici e picchiatori, stringe legami sia con le tifoserie della Roma che con quelle della Lazio. Un derby nel quale il Cecato punta sempre alla vittoria, che controlla attraverso un drappello di uomini fidati e dove si è guadagnato rispetto. «Carminati uno di noi», è il messaggio che campeggiava su un sito ultrà il giorno dell'arresto. Ma non è certo il tifo per una squadra a legare l'ex Nar al calcio, quanto gli interessi economici nel mondo del pallone.

MAGLIE E TRASFERTE

I principali luogotenenti di Carminati tra le fila degli ultrà sono due: il laziale Fabrizio Piscitelli, uno dei capi storici della curva Nord noto come Diabolik, e il romanista Mario Corsi, il Marione delle radiocronache sportive.

Attorno a loro ruota un universo di personaggi come Fabio Gaudenzi, detto Rommel, che «si occupa in particolare del riciclaggio e del reinvestimento dei proventi delle attività dell'associazione» - scrivono i Ros - e Fabrizio Toffolo, l'ex leader degli irriducibili fermato a settembre per detenzione di marijuana. A raccontare di loro ai magistrati è Roberto Grilli, lo skipper romano che ha dato avvio all'inchiesta Mafia Capitale, arrestato sulla sua barca con 500 chili di cocaina a bordo. Parla di «Diabolik» e di «Yuri», «degli ultrà della Lazio che poi avevano tutti i Lazio Point, erano stretti con Cragnotti che aveva messo in mano a loro tutto il merchandising della Lazio e poi quando è arrivato Lotito c'è stato un grosso scontro». Le fasce estreme del tifo «gestivano tutto il merchandising della Lazio, tutti i Lazio Point e incassavano molto, hanno fatto il comodo loro per anni, poi Lotito ha chiuso i rubinetti...». La loro attività, riferisce Grilli, era un mix di operazioni lecite e traffici proibiti. «Era gente che faceva sia lavori legali, tipo gestire i biglietti, le trasferte, le maglie e in più pure gli impicci. Anche se non c'ho mai lavorato direttamente, però sono quelle cose che io so... se mi dite come, cosa, dove si svolgevano no, però che trafficassero sostanze ve lo do al cento per cento».

Magliette e droga insomma, spiega Grilli. Per restare al primo ambito, quantificare il giro d'affari delle curve è complesso: secondo i calcoli dell'ex ad del Milan Adriano Galliani le tifoserie organizzate sottraggono ai club il 50 per cento dei ricavi del merchandising. C'è la gestione dei negozi e dei siti online, ma anche i banchetti che vendono false sciarpe della squadra e che vengono protetti, c'è la gestione delle trasferte e l'affitto delle sedi sociali. Un piatto ricco che i sodali di Carminati si sono spariti a lungo, finché i tempi non sono cambiati. Quando la famiglia Sensi era proprietaria della Roma, Marione Corso aveva sotto controllo le partite fuori casa della squadra. Prima del tornado Mafia Capitale le sue trasmissioni in radio vantavano ottimi ascolti, circa 100 mila contatti al giorno, e in questo modo il compagno del Cecato ha sopperito ai cessati ricavi delle trasferte. Lo stesso Marco Staffoli, marito di Rosella Sensi, trattava con l'ex Nar un importante affare immobiliare. E in nessuna delle numerose intercettazioni captate a un tavolino del bar Vigna Stelluti i due indulgono a qualche commento sul calcio. Prima di tutti gli affari, è la legge di Carminati.

DROGA E CLAN

Spesso però il tifo organizzato non si accontenta di gestire i gadget ma punta al potere sul territorio e diventa referente dei clan che, specie nelle serie minori, grazie al calcio raccolgono consensi e denaro. La Dda di Roma ha segnalato l'infiltrazione dei Casalesi nel tentativo di scalata alla Lazio per il quale nel 2005 vennero rinviati a giudizio Piscitelli, Toffolo, Yuri Alviti e Paolo Arcivieri. Volevano estromettere Lotito e far entrare un gruppo industriale ungherese, una strategia condotta con metodi molto spicci: minacce, insulti, bombe carta. L'obiettivo, secondo i magistrati, era ottenere la gestione dei Lazio Point, il monopolio della sicurezza all'Olimpico - un pacchetto da 150 mila euro all'anno - le coreografie e gli incontri in Europa. E poi c'è la droga. A settembre 2013 Piscitelli finisce impigliato tra le maglie di un'indagine che ha sgominato un giro di hashish sulla rotta spagnola, valore cinque milioni di euro. Secondo i magistrati è lui il «principale referente dell'organizzazione narcotrafficante, nonché promotore e finanziatore di ingenti quantitativi» di stupefacente. Diabolik si muove con i fratelli Esposito e Carminati ne intuisce le potenzialità. Se c'è da portare a casa un affare, il Cecato non si tira indietro.