«Veleni nella falda in Lucania». Tempa Rossa, Puglia in allarme

«Veleni nella falda in Lucania». Tempa Rossa, Puglia in allarme
di Francesco G. GIOFFREDI
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Lunedì 4 Aprile 2016, 07:45 - Ultimo aggiornamento: 16:30

La guerra dell’acqua, la traccia di idrocarburi e metalli pesanti, il valzer di analisi e paure. Nei filoni d’inchiesta lucani tra loro intrecciati, e che potrebbero sfociare nell’ipotesi di disastro ambientale, affiora qui e lì il timore di contaminazioni nel sottosuolo lucano, con possibile contagio del bacino del Pertusillo. Veleni di scarto della lavorazione del petrolio in Val d’Agri: il fulcro è tutto qui. In Puglia la domanda aleggia da tempo: quali reali rischi corre l’Acquedotto pugliese, che pesca materia prima - tra gli altri - proprio dal Pertusillo? Quesiti costellati da distinguo e prudenza, innanzitutto perché a monte l’acqua lucana, prima d’essere dirottata verso la Puglia, passa dagli impianti di potabilizzazione. E poi ci sono le spiegazioni disseminate da Eni, dopo il faro puntato dai pm sulle attività estrattive in Val d’Agri.
«Lo stato di qualità del- l’ambiente, studiato e monitorato in tutte le sue matrici circostanti il centro oli di Viggiano - precisano dall’azienda - è ottimo secondo gli standard normativi vigenti».

La compagnia petrolifera fa riferimento ai risultati emersi da «studi commissionati ad esperti di conclamata esperienza professionale ed autorevolezza in campo scientifico sia a livello nazionale che internazionale», e gli stessi studi «sono stati tutti in totale trasparenza depositati nel procedimento penale in corso». Ma lo scenario è ancora mutevole, in evoluzione. Sui sospetti d’inquinamento delle acque s’era già sfiorato, e per qualche ora centrato in pieno, lo scontro istituzionale lungo l’asse Potenza-Bari: in Consiglio regionale pugliese è stata approvata all’unanimità, il 15 marzo scorso, una mozione che impegnava la giunta «ad avviare ogni utile iniziativa per accertare se la diga del Pertusillo costituisca o meno un invaso fonte di elementi fortemente tossici o nocivi per la salute»; pochi giorni dopo Marcello Pittella, governatore lucano, doveva essere a Bari per un convegno Coldiretti, salvo poi platealmente annunciare la diserzione proprio a causa delle «gravi accuse mosse al sistema Basilicata»; alla fine Michele Emiliano ha dovuto porgere scuse ufficiali e abbracci, affrettandosi a sostenere di «non conoscere quella mozione» anche perché «non ero in Consiglio».

Il nodo rovente c’è, e viaggia sottotraccia. E il lavorìo dei pm lucani sul fronte del disastro ambientale versa altra benzina sul fuoco. I periti della procura di Potenza sono al lavoro, lembi sparsi cominciano in parte a ricucirsi tra loro: si accenna per esempio al «risparmio dei costi - scrive il gip nell’ordinanza - del corretto smaltimento dei rifiuti prodotti dal centro oli di Viggiano» con «rifiuti speciali pericolosi» che venivano «dal management Eni qualificati in maniera del tutto arbitraria e illecita» con un codice che li indicava come «non pericolosi», e poi inviati con autobotti agli impianti di smaltimento (come Tecno- parco, in Valbasento), e con «un trattamento non adeguato e notevolmente più economico». Dai calcoli degli investigatori, il risparmio ipotizzabile per questo «sistema» sarebbe tra il 22% e il 272% (in base a diversi preventi- vi acquisiti), e si tradurrebbe in una cifra che oscilla tra i 44 e i 110 milioni di euro ogni anno. La restante parte dei reflui liquidi sarebbe stata trasferita nel pozzo “Costa Molina 2” (già sotto sequestro per la presenza di deiezioni chimiche e fossili reimmesse nel suolo), in cui «i liqui- di venivano reiniettati, sebbene l’attività di reiniezione - precisa il gip - non risultasse ammissibile per la presenza di sostanze pericolose». Ma anche su questo punto l’Eni argomenta e spiega: dagli studi emerge che «le acque di reiniezione non sono acque pericolose, né da un punto di vi- sta della normativa sui rifiuti, né da un punto di vista sostanziale», e «l’attività di reiniezione svolta presso il centro oli» è «conforme alla legge italiana e alle autorizzazioni vigenti» e «risponde alle migliori prassi internazionali». In Puglia la guardia resta alta.

I gruppi consiliari di centrodestra, per esempio, da tempo battono la pista. Già sul finire della scorsa consiliatura Luigi Mazzei (fittiano all’epoca con Forza Italia) aveva interrogato il governo Vendola, allegando tra le altre cose lo studio (allarmante) di un ordinario di Geologia e Sedimentologia  dell’Università della Basilicata, che «accertava la presenza nelle acque del baci- no del Pertusillo di bario, manga- nese, alluminio, ferro, cromo, piombo, nichel»; Mazzei aveva peraltro strappato all’allora asses- sore alla Sanità «verifiche da parte di tutte le Asl sull’acqua pugliese», e su questo il consi- gliere Saverio Congedo (CoR) ha un mese fa incalzato il governo Emiliano. Lo stesso filo innerva la mozione proposta dagli attuali consiglieri forzisti approvata nelle scorse settimane: si ricorda «l’anomala morìa di carpe nel bacino»; si snocciolano i dati  campionati  dallo  studio dell’Università lucana (tra cui i 6.400 microgrammi di idrocarburi per ogni litro d’acqua, a fronte di un limite massimo di 200); si punta l’indice contro Arpa lucana e Regione Basilicata «che hanno sempre minimizzato i livelli d’inquinamento»; si cita l’indagine avviata un anno fa dall’Ue, che dovrà per esempio riavvolgere il nastro fino agli anni ’90 - si legge nella mozione - quando in Val d’Agri si sperimentava «una tecnica di trivellazione assai simile al fracking » («usata per la frammentazione delle rocce e consisterebbe nello sparare un cocktail di acqua e di acidi a forte pressione nel terreno per favorire la fuoriuscita di gas e petrolio, con la letale conseguenza di invadere anche la falda acquifera»).

Mozione unanime, anche se Fabiano Amati (consigliere Pd, già assessore al- le  Opere  pubbliche)  avverte: «L’acqua del Pertusillo viene potabilizzata e, sulla base di tutte le caratteristiche chimico-organi- che, è poi immessa nella rete». Il radar pugliese è comunque vigile, e la prossima mossa spetta ora a Emiliano, dopo l’abbraccio “riparatore” con Pittella.

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