Caso Loris: il raptus omicida forse dopo l'ennesima lite con il padre

Caso Loris: il raptus omicida forse dopo l'ennesima lite con il padre
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Sabato 13 Dicembre 2014, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 08:49
dal nostro inviato

Nino Cirillo

SANTA CROCE CAMARINA (Ragusa) - La vita di Veronica Panarello - che sia stata lei o no a uccidere il figlio - è tornata sicuramente a ingarbugliarsi una ventina di giorni fa.





S'è fatta riprendere da una delle sue ricorrenti ossessioni ed è andata di nuovo a bussare alla porta del padre, di quello che lei ritiene il suo vero padre. E l'uomo che già una decina d'anni fa le sbatté la porta in faccia, tanto che Carmela, la mamma di Veronica, le consigliò: «Lascia perdere, ti ha rinnegato una seconda volta».



Invece Veronica, alla fine di novembre, ha deciso di tornare alla carica e anche stavolta della sua giovane vita ha raccolto solo i cocci: un'altra lite furibonda, un'altra porta sbattuta in faccia. Per chi ritiene che sia stata lei a strangolare Loris, per chi crede che l'abbia trasportato lei il corpo fino al Mulino Vecchio, questa ennesima lite del padre è solo l'inizio della fine, di una mente, di una personalità che non riescono più a trovare un baricentro.



L'ESAME DELL'AUTO

Ma non è finita. Perché mentre Procura di Ragusa e giudice per le indagini preliminari soppesavano il quadro accusatorio, Carabinieri e Polizia andavano avanti nelle indagini. Avanti nell'esaminare quella montagna di filmati che le telecamere del paese hanno messo a disposizione. E soprattutto la Polo nera di Veronica che da sola potrebbe chiarire parecchi punti ancora rimasti oscuri. Perché se solo i pianali dell'auto avessero trattenuto tracce di terra, si potrebbe verificare se è la stesa terra del Mulino Vecchio.



Il bagagliaio, poi. Perché avendo a disposizione sia il dna di Loris sia quello di sua madre, si potrà accertare se siano rimaste o meno tracce del trasporto di un corpo. E ancora, le testimonianze. Se è vero che la vigilessa davanti alla scuola prima ha confermato e poi ha ritrattato («Non posso dire di aver visto la Polo nero proprio quella mattina»), è anche vero che Veronica continua a insistere, a sostegno della sua tesi: «Mi ha visto anche un tabaccaio». E il tabaccaio verrà presato sentito.



NESSUN TELEFONINO SEGRETO

Poi c' è la storia del telefonino segreto. Non si può negare che la giornata, prima che si pronunciasse il gip, sia stata dominata da questa falsa notizia. È già accaduto in questi giorni che delle piste incredibili s'affacciassero alla ribalta della indagini - la «coppia diabolica», per dirne una -, ma stavolta vale la pena di raccontarla perché la storia, in un colpo solo, risolve almeno un paio di piccoli misteri.



Il telefonino «segreto» non è altro che il cellullare prestato all'inizio dell'estate da Veronica alla sua migliore amica, Carmela, 30 anni, che abita a Gela. Nessuno ne avrebbe saputo nulla se Carmela non fosse stata ovviamente intercettata durante queste indagini, se una sera sua madre non si fosse lasciata sfuggire: «Ma non è di questa Veronica il telefonino che ti hanno prestato?». I carabinieri hanno convocato Carmela e accertato, ovviamente dopo la morte di Loris, che quel telefonino era davvero di Veronica, ma utilizzato per diversi mesi con la sim personale di Carmela.



E hanno risolto anche l'altro piccolo mistero. In quel telefonino ci sono davvero i video di Loris da piccolo, è lo stesso apparecchio di cui parla Antonella, la sorella di Carmela, quando racconta ai Carabinieri che «l'ha nascosto chissà dove». Dirà l'amica Carmela ai Carabinieri: «Ci sono dentro immagini di cui una mamma deve andare orgogliosa».