«Sono molto soddisfatto e fiducioso, abbiamo approvato due provvedimenti in pochi giorni. Il primo è il decreto “Valore cultura”, che ha segnato un elemento di scelta e cambiamento. Scelta perché il governo ha realmente creduto che il Paese debba mettere la cultura al centro delle sue strategie; e cambiamento perché ciò vuol dire leggere in modo differente i valori culturali e la necessità di valorizzarli. E ci sono sono state alcune priorità che abbiamo voluto evidenziare: Pompei, la riforma delle fondazioni sinfoniche, le forme per rispondere alla richiesta di occupazione dei giovani, la valorizzazione delle professionalità legate al mondo della cultura. Il secondo step è stato appunto lo sblocco dei fondi per quattro regioni del Sud: un segno importante di come facendo sistema e lavorando bene per obiettivi comuni, tra Stato ed enti locali, si riesce ottenere risultati. Sono più di 100 progetti, e sono molto contento che circa 50 siano per la Puglia. Tutto ciò vuol dire pensare al futuro: questo è un Paese che ha smesso di riflettere sul domani e di costruirlo. Senza dimenticare che non ci potrà mai più essere un piano di sviluppo che al centro non metta il Sud».
«Sono grandi sfide, che credo vinceremo. Sta cambiando qualcosa, i cittadini lo vogliono. E ci sono gli strumenti per farlo, c’è una diversa valorizzazione delle professionalità nel mio ministero: sono moltissime, spesso sono state dimenticate, e chi aveva un ruolo di responsabilità in passato non sempre le ha ringraziate per il tanto lavoro fatto in silenzio. Ma conta fare sistema, dialogare con gli enti locali, e utilizzare rapidamente e per intero le risorse, anche per rispondere alle attese dell’Europa».
«Ma questo governo, con il decreto “Valore cultura”, ha segnato un cambiamento forte rispetto agli anni dei tagli. Faccio sempre un esempio: quando sono arrivato al ministero ho trovato 40 milioni di euro di bollette da pagare, le risorse per le emergenze ridotte quasi a zero, e i fondi per la formazione del personale irrisorie. Il governo però ha inaugurato una fase di discontinuità, col premier Letta che ha difeso le nostre scelte e il ministro Saccomanni che ha preso l’impegno a recuperare le risorse. I beni culturali per l’Italia sono il bene più prezioso».
«La Puglia ha fatto moltissimo per la cultura: la Regione, le Province, le città che hanno creduto tanto nella cultura come volàno di crescita e occupazione. Il problema della Puglia è quello dell’intero Paese: crescere pensando a un modello di sviluppo differente, con un’inversione di tendenza, e valori e scelte differenti».
«Ecco: la prima attenzione che dobbiamo avere è la difesa, sempre, di ambiente e salute. Non deve succedere mai quanto è successo. E dobbiamo capire che è doverosa una riflessione su come coniugare queste esigenze allo sviluppo economico. Proprio in tal senso, il modello di valorizzazione dei beni culturali è un antidoto importante, così come l’aver unito il turismo alla cultura».
«Dobbiamo impegnarci per un turismo consapevole, che da una parte consenta al visitatore di apprezzare i grandi tesori e monumenti, e dall’altra faccia in modo che ci sia un modello di crescita ragionato e non casuale. E anche su questo dovremmo adottare una serie di provvedimenti».
«I beni culturali sono beni comuni, e il bene comune è un valore e come tale va letto e difeso. Lo Stato deve avere insieme agli enti locali il dovere di difendere il patrimonio e fare il massimo sforzo per valorizzarlo e tutelarlo. Il mio sogno è avere nel mio ministero una direzione per la tutela del patrimonio storico e artistico, che non c’è mai stata. Ora ci daremo delle regole per gestire il contributo dei privati, ci sta lavorando una commissione da me varata: in questo modo ogni volta che il privato condivide delle linee d’indirizzo, potrà partecipare».