Isis, pesante rappresaglia giordana: bombardate postazioni in Iraq e Siria. Amman minaccia: «È solo l'inizio»

Isis, pesante rappresaglia giordana: bombardate postazioni in Iraq e Siria. Amman minaccia: «È solo l'inizio»
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Venerdì 6 Febbraio 2015, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 7 Febbraio, 09:13

La dura reazione della Giordania alla terribile uccisione del pilota giordano Muaz al Kassasbeh da parte dell'Isis non accenna a quietarsi.

Il ministro degli Esteri giordano Nasser Judeh intervistato dalla Cnn all'indomani dei bombardamenti aerei dei caccia di Amman contro postazioni dello Stato islamico ha affermato infatti che la rappresaglia della Giordania «è solo all'inizio» e Amman colpirà «l'Isis ovunque», in Siria e Iraq.

Come annunciano le Forze armate di Amman in un comunicato, la rappresaglia giordana ha in il nome in codice di «Operazione martire Muath».

Nella giornata di ieri, si precisa, «decine di caccia» hanno centrato e «distrutto» postazioni dell'Isis. Non si specifica dove. «Pagheranno per ogni capello di Muath», conclude il comunicato. Dopo la missione, i caccia hanno sorvolato la città natale del pilota.

Messaggi scritti a mano sulle bombe. «Mostreremo loro l'inferno». «Da una coraggiosa pilota giordana a Baghdadi»: sono alcuni dei messaggi scritti a mano dai militari di Amman sulle bombe caricate sui caccia prima di lanciare la rappresaglia contro l'Isis. Lo mostra un video pubblicato dalle Forze armate giordane. «Non pensiate che Dio sia all'oscuro di quello che i malfattori stanno facendo», recita invece la scritta su un foglio mostrata da un pilota prima del decollo.

Inoltre si registrano, vicino al confine con l'Iraq, movimenti di truppe giordane. Lo hanno riferito all'emittente al-Jazeera fonti della polizia di frontiera irachena nella provincia occidentale di Anbar. Secondo le fonti, il movimento di un elevato numero di militari giordani non è inusuale. L'Anbar è una delle province irachene dove è più radicata la presenza dei jihadisti.

Liberato leader jihadista. La Giordania ha rimesso in libertà nelle ultime ore un leader jihadista noto per esser stato il padre spirituale del qaedista Abu Mussab Zarqawi e di aver esplicitamente accusato di miscredenza il regime saudita. Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya, secondo cui il 55enne Abu Muhammad al Maqdisi, alias Issam Taher al Barqawi, con passaporto giordano ma di origini palestinesi, potrebbe essere usato dalle autorità giordane per rivolgere ai suoi seguaci sermoni anti-Stato islamico.

Dal 2013 l'Isis si è esplicitamente mostrato ostile ad al Qaida e alle correnti jihadiste che hanno preceduto la nascita del sedicente califfato, dal giugno scorso guidato da Abu Bakr al Baghdadi, già leader dal 2007 del braccio iracheno di al Qaida. Al Maqdisi, che ha completato parte dei suoi studi a Mosul, in Iraq, attuale capitale dell'Isis, condivide gran parte dei suoi anni di formazione con numerosi leader jihadisti in seguito confluiti nell'Isis.

Il qaedista rilasciato ha accusato lo Stato islamico (Isis) di violare l'Islam sia nell'aver bruciato vivo il pilota giordano Muaz Kassasbe, catturato dall'Isis alla fine di dicembre nel nord della Siria, sia nell'aver dato vita a un sedicente califfato «che divide i musulmani e non li unisce».

Parlando a una tv giordana, Abu Muhammad al Maqdisi, da ieri libero dopo esser stato in carcere per tre mesi per apologia di terrorismo, ha affermato che la barbara uccisione di Kassasbe «non è accettabile da nessuna fede, da nessun essere umano». Il leader qaedista, già autore di libelli contro la casa reale saudita alleata della Giordania, si è anche presentato come il mediatore chiave nel tentativo di scambio di prigionieri avviato da Amman con l'Isis le settimane scorse. «Quando parlavo con loro (i miliziani dello Stato islamico) mentivano e rimanevano vaghi. Non erano interessanti veramente allo scambio», ha affermato il 55enne Maqdisi, già mentore del defunto leader qaedista giordano Abu Mussab Zarqawi.

Sulla nascita lo scorso giugno del cosiddetto Stato islamico guidato dal leader dell'Isis, Abu Bakr al Baghdadi, Maqdisi ha affermato che «lo Stato basato sulla legge islamica deve unire e non dividere i musulmani».

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