Preso in Spagna Igor, il killer dai mille volti: «Non lo estradiamo»

Preso in Spagna Igor, il killer dai mille volti: «Non lo estradiamo»
di Cristiana Mangani
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Venerdì 15 Dicembre 2017, 11:09 - Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 17:14

L'hanno arrestato che aveva addosso l'uniforme e le armi rubate alle ultime vittime. Per questa ragione le foto segnaletiche di Norbert Ezechiele Feher, alias Igor Vaclavic, sono riprese a petto nudo e in mutande. La Guardia civil spagnola è riuscita a mettergli le manette ai polsi dopo un inseguimento di circa otto ore. Fuggiva a bordo di un pick up verde rubato. E anche questa volta avrebbe potuto farcela a scappare, se non fosse stato per un incidente stradale, forse dettato dalla stanchezza. Di certo, si sa, che prima di cedere alla polizia, Igor il russo, ha commesso altri tre omicidi nelle zone rurali nei pressi di Saragozza, a Teruel: le due guardie civili Víctor Romero Pérez, 30 anni, Víctor Jesús Caballero Espinosa, 38 anni, e José Iranzo, allevatore di ovini e sindacalista, che li accompagnava nella ricerca di un uomo che il 5 dicembre aveva assaltato una fattoria e aveva ferito due persone.
 

 

IL CAPOBANDA
Erano le 19 di giovedì scorso, il gruppo stava cercando il presunto capo di una banda che stava compiendo rapine nelle case, quando si sono imbattuti in Igor. I poliziotti indossavano corpetti antiproiettile, perché sapevano che si trattata di qualcuno molto violento: in una occasione aveva ferito i proprietari, in un'altra aveva ucciso il cane. Ma questo non è bastato a salvarli, perché il killer ha saputo bene dove sparare, colpendo organi vitali. L'incontro è avvenuto casualmente, nessuno immaginava che si trattasse dello stesso uomo che aveva seminato il panico nelle campagne bolognesi e che aveva già assassinato Davide Fabbri, tabaccaio di Budrio, Valerio Verri, guardia volontaria, e ferito Marco Ravaglia, suo collega. La stesso bandito che ora è accusato di tantissime rapine rimaste senza autore, e anche di un altro delitto avvenuto a Fosso Ghiaia di Ravenna, il 30 dicembre 2015, quello del metronotte Salvatore Chianese.



LE FOTO SU FACEBOOK
Dal giorno della sua inspiegabile fuga, il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e il sostituto Marco Forte, non hanno smesso un attimo di cercarlo. Sin dal primo momento la Spagna è stata indicata come un possibile rifugio. Forse per tutte quelle foto riprese a Valencia che il killer aveva postato sul profilo Facebook. La Guardia civil e i carabinieri stavano collaborando tra loro, ma le indicazioni puntavano più su Malaga, perché c'era un particolare giro di droga, che avrebbe potuto fare gola a Feher. Lui invece era finito a rubare in una casa colonica, seguendo lo stesso sistema adottato in Emilia. Ora dall'Italia verranno inoltrate una nuova richiesta di estradizione e una rogatoria per ottenere tutta la documentazione che lo riguarda. Quasi un atto dovuto da parte dell'autorità giudiziaria bolognese, perché, come è normale, la Spagna non concederà l'estradizione, non prima di aver processato Igor per i delitti dei suoi cittadini. Probabilmente il nostro paese parteciperà al processo in videoconferenza.

Restano comunque tanti i misteri che accompagnano la vita di questo ex militare di 36 anni, nato a Subotica in Serbia, esperto di tiro con l'arco, arti marziali e armi di fuoco. Personaggio misterioso che riesce a barcamenarsi cambiando le identità: una volta serba, un'altra croata, un'altra ancora italiana. In Italia era arrivato nel 2006. Ha passato otto anni in carcere per rapina e nel 2015 è ritornato libero. Le sue abilità non riguardano solo l'uso delle armi, ma anche l'incredibile capacità di cambiare i propri connotati. Nel 2010 ha la barba e i capelli incolti. Cinque anni dopo è sbarbato e con i capelli tagliati. Nel 2011 viene firmato un decreto di espulsione. Igor vene portato al Cie di Bari. Ci resta quindici giorni. La Russia non lo riconosce come suo cittadino, l'Uzbekistan neppure. Non c'è il passaporto e nemmeno un nome certo. Resta in Italia, in prigione.
«Ho incontrato i familiari delle vittime in Questura a Rimini - ha dichiarato dopo l'arresto il ministro Marco Minniti - Con loro è stato messo in campo un piccolo patto d'onore, e ora che questo patto giunge a compimento, il pensiero non può non andare a coloro che sono morti in Italia e in Spagna».

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