Emergenza migranti, quel “generale” che guadagna 80 mila dollari a imbarcazione

Emergenza migranti, quel “generale” che guadagna 80 mila dollari a imbarcazione
di Silvia Barocci e Sara Menafra
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Lunedì 20 Aprile 2015, 22:19 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 08:13
C’erano loro, un gruppo di giovani etiopi ed eritrei, dietro la tragedia del mare che nell’autunno del 2013 costò la vita a 366 migranti. Un’organizzazione ramificata, capace di gestire tutti gli spostamenti via terra in Africa, dalla partenza dai paesi subsahariani fino alla sosta in Libia, la partenza verso l’Italia, il calcolo sulle missioni di salvataggio e quindi, dalla Sicilia, viaggi verso il Nord visto che la maggior parte dei fuggitivi ha come meta finale Svezia, Germania, Belgio, Inghilterra e, in qualche caso, gli Stati Uniti. Ieri, quindici di loro sono stati fermati con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, grazie ad una indagine della Dda di Palermo che ha mostrato la «spreguidicatezza» dei trafficanti di uomini, come ha commentato il capo dello Sco della Polizia, Renato Cortese.



I COMANDANTI

I capi del gruppo, però, Ghermay Ermias, etiope, e Yehdego Medhanie Mered, eritreo, vivono stabilmente in Libia e rintracciarli è praticamente impossibile. Ermias, del quale non si conoscono la data di nascita né la foto segnaletica, resta avvolto nel mistero. Di lui i soci dicono che guadagni «80mila dollari per ogni nave che manda». Medhanie, invece, è il «generale»: «Ho lo stile di Gheddafi, nel mio lavoro non ci sarà nessuno più forte di me. Quest’anno ho lavorato bene e ne ho fatti partire 8mila». «Quelli che lavorano con lui- spiega in una intercettazione Asghedom Ghermay, principale punto di riferimento in Sicilia - sono chiamati i colonnelli, lui i soldi dei ricavi li mette in Svizzera e in Israele». Sarebbe stato il ”generale”, all’indomani del naufragio di una ”sua” imbarcazione a largo di Lampedusa costato la vita a 366 persone, a commentare semplicemente: «Inshallah».



LA RETE

Il network criminale ha gestito una quindicina di sbarchi, da maggio 2014 allo scorso febbraio, per un carico di circa 5400 disperati. Nessuno viene indicato per nome ma con un numero, e il prezzo varia a seconda della meta finale, per un totale che arriva ai 5mila dollari. Ermias, tramite una fitta rete di complici, gestisce la tratta terreste dei migranti che dal Sudan e dall’Etiopia arrivano stremati in Libia dove per lunghi periodi sono rinchiusi in simil masserie e - scrivono i pm Ferrara e Camilleri nell’ordinanza di fermo - «vengono sottoposti a violenze, che scaturiscono anche in veri e propri sequestri di persona». Al momento giusto vengono ammassati sulle coste libiche, grazie anche alla complicità di funzionari di polizia corrotti. Ciascuno di loro paga 1.500-2.000 dollari, destinazione Italia. Non senza aver ”unto” anche la marina militare libica.



«Dicono di me che faccio partire troppa gente, ma sono loro che vogliono partire e io li accontento»: Medahine è spregiudicato. E con Ermias sa bene che la rete funziona grazie anche a ”pacchetti” ben organizzati.



Il viaggio prosegue verso nord e a tappe. La prima è a Roma o a Milano, dove i migranti arrivano quasi sempre utilizzando pullman di linea che non richiedono documenti di identità. Prima di partire, il pagamento: 150 euro per Roma e 200 per Milano. In entrambe le città, l’organizzazione può contare su cellule locali. A Roma i due referenti -Yonas Weldaves e Kesete Gebreyesus - non sono ancora stati identificati. Si sa però che verso la capitale si muove un numero molto consistente di persone. «Asghedom - si legge nell’ordinanza - dice che le fa dormire anche in piedi e che in questo momento nella casa di Catania ha 117 persone, continua dicendo che ieri ha fatto partire 40 persone per Roma e 11 per Milano».



I CENTRI

Un centro fondamentale per lo smistamento dei migranti, anche quelli giunti in altre zone della Sicilia, è Catania. Qui, la base logistica è un ristorante che per coincidenza si chiama giusto Ali Babà. E, soprattutto, l’organizzazione è in grado di ospitare i suoi clienti nel Cara di Mineo, il più grande centro rifugiati d’Italia, dal quale riesce a farli uscire quando e come vuole, senza che questi siano identificati e quindi obbligati a chiedere asilo in Italia: «Il Ghermay e i suoi complici introducono i migranti di nascosto, poiché si tratta di clandestini a tutti gli effetti. In questo modo i trafficanti riescono a garantire vitto e alloggio a costo zero per gli stessi, che saranno successivamente allontanati, per essere accompagnati clandestinamente verso le destinazioni ambite».
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