A Castro un museo sulle tracce di Enea

Il museo archeologico di Castro
Il museo archeologico di Castro
di Francesco D'ANDRIA*
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Martedì 26 Luglio 2016, 09:15 - Ultimo aggiornamento: 15:38

Un evento straordinario per la storia del Salento sta finalmente per avverarsi. Sabato prossimo alle 19 si inaugura il Museo Archeologico di Castro, all’interno del Castello Aragonese e, finalmente, turisti e cittadini del Salento potranno ammirare quanto è stato rinvenuto nel corso delle campagne di scavo condotte negli ultimi anni all’interno del centro storico, nel fondo Capanne. I lavori di ricerca hanno infatti messo in luce una vasta area archeologica dove si possono ammirare le fortificazioni messapiche del IV secolo a.C. e il Santuario di Minerva, che ha dato il nome antico di Castrum Minervae a questo insediamento, posto a controllo strategico del Golfo adriatico, proprio di fronte alla costa albanese, in vista delle isole greche a nord di Corfù. È stata una esperienza molto bella e positiva, in cui hanno lavorato, fianco a fianco, le istituzioni del territorio, il Comune di Castro, la Soprintendenza Archeologica della Puglia, l’Università del Salento; un fattivo supporto è stato assicurato anche da Maura e Francesco, i figli del famoso geologo Antonio Lazzari, nato a Castro, a cui è dedicato il Museo. Sul cantiere di scavo, e ora nell’allestimento del Museo, sono stati però i giovani formatisi nel nostro Ateneo a condurre, con grande competenza e passione, tutte le attività, a volte molto pesanti ma che sono ripagate dalle tante emozioni che riserva il lavoro dell’archeologo sul terreno.
 

 

Non possiamo negare che ci sia una grande attesa di vedere finalmente compiuta l’opera ed è continua, mentre si lavora all’allestimento, la richiesta dei turisti sulla data di apertura del Museo; durante gli scavi infatti i media hanno riportato le notizie delle scoperte che si succedevano sul cantiere di fondo Capanne, mentre sulla rete si diffondevano commenti, foto, ricostruzioni, a volte molto fantasiose. Ma è innegabile l’interesse per Castro, per la sua bellezza, per i suoi miti e per la sua Storia. Specie ora che risulta definitivamente assodato che il Santuario di Athena-Minerva portato alla luce è quello, famoso nell’Antichità, che viene descritto da Virgilio nel Libro III dell’Eneide quando parla dell’arrivo sulle coste dell’Italia, di Enea e delle sue navi: “Rinforzaronsi i venti; apparve il porto/ più da vicino; apparve al monte in cima/ di Pallade il delubro. Allor le vele/ calammo, e con le prore a terra demmo”. La traduzione di Annibal Caro, di cui ricorrono i 450 anni dalla morte, ci riporta alle “versioni in prosa”, tormento di intere generazioni di scolari.

Ma qual è la ragione di tanto interesse? E perché il Museo di Castro può vantare primati che lo distinguono da tutti gli altri? Sotto le volte del Castello sono raccolti reperti che, dalla Preistoria sino ai nostri giorni, raccontano come gli abitanti del sito abbiano organizzato il loro vivere insieme, nel corso dei secoli: si snodano così storie di genti che si spostavano tra le due sponde del canale nell’età del Bronzo, si rivelano le capacità eccezionali nel costruire opere di fortificazione in una zona sempre soggetta a invasioni, emergono le pratiche di culto e le divinità che proteggevano gli abitanti dai pericoli mortali: uno degli altari di arenaria reca dediche in lingua messapica ad una divinità maschile, Iddi, forse una interpretazione locale di Zeus. Si è persino trovata una casa incendiata, probabilmente in una delle incursioni dei Turchi durante il Cinquecento, con all’interno ancora gli strumenti e il vasellame di uso, sotto il crollo delle tegole del tetto, dopo che gli sfortunati abitanti erano riusciti a fuggire.

Due sono tuttavia i reperti che fanno del Museo di Castro una meta irrinunciabile: innanzitutto la statua di culto rinvenuta nel 2015, che rappresenta proprio la dea Atena, come nella piccola statuetta in bronzo ritrovata qualche anno prima nella stessa zona. E’ l’Atena di Troia, quella che indossa l’elmo frigio, e questo costituisce un’altra conferma dei collegamenti con Enea che, secondo il mito, era sbarcato a Castro. Si tratta della più grande statua di culto rinvenuta in Magna Grecia, se pensiamo che doveva raggiungere i tre metri e mezzo: era in pietra leccese e probabilmente fu eseguita da scultori greci provenienti da Taranto, nel IV secolo a.C.. Lo stile richiama proprio le sculture in calcare della città del Golfo, con un linguaggio molto ridondante, a volte eccessivo, anche nell’accentuare particolari anatomici del seno e delle braccia, così lontano dalla ponderazione classica delle sculture che nello stesso periodo si producevano in Grecia. Ma lo schema deriva da Atene e trova il suo modello proprio nell’Atena Parthenos di Fidia: la dea indossa un chitone sul quale si drappeggia il peplo, un rettangolo di stoffa che si sovrapponeva all’abito, ampliando l’effetto del panneggio e dando alla figura un effetto particolare di sacralità. La vergine Atena vegliava sulla città di Castro e la Cattedrale romanica, sorta a pochi metri dall’antico santuario, è dedicata anch’essa alla Vergine Maria: è noto infatti che, con l’avvento del Cristianesimo, molti aspetti dei culti pagani furono integrati nel nuovo contesto religioso.

Il secondo elemento, assolutamente da ammirare, è anch’esso un reperto unico che arricchisce la storia dell’arte greca con un’opera del tutto nuova e mai attestata precedentemente: sono vari frammenti, in parte ricomposti, di una balaustra alta circa un metro e mezzo, in pietra leccese. Faceva parte del recinto di un altare dove si depositavano le ceneri dei sacrifici e si bruciavano gli animali offerti alla divinità. Se non avessimo trovato i blocchi in uno strato archeologico antico avremmo potuto attribuire questi rilievi ornati da motivi vegetali, fiori, boccioli aperti, spighe, ai maestri scultori del barocco leccese; e il confronto con alcuni portali dei nostri palazzi mostra una somiglianza impressionante nel comune stile barocco.
Ma i rilievi di Castro sono “rilievi abitati”, quelli che gli archeologi inglesi chiamano “peopled scrolls”, dedicando a queste particolari sculture studi approfonditi: tra i rami e le foglie volano figure di Nikai (Vittorie), si inseguono leprotti, si librano aquile e colombe. Insomma una descrizione molto impressionante della forza e della potenza della natura. Ci siamo interrogati sulla provenienza di questi motivi decorativi presenti in particolare nelle architetture romane: ora sappiamo che gli esemplari di Castro sono i più antichi che si conoscono e che il motivo è da attribuire agli scultori di Taranto e della Magna Grecia. Vennero a lavorare nel santuario di Atena Iliaca su invito dei principi messapi per ornare delle opere più prestigiose un luogo di culto dove culture diverse si incontravano per ricordare insieme le origini più nobili che si potessero pensare nell’Antichità, quelle legate al nome troiano ed alla discendenza da Ilio che vantava la stessa Roma.
Questo e molto altro i visitatori del nostro Museo potranno ammirare in nobilissimi spazi; essi tuttavia stentano già a contenere le innumerevoli testimonianze che gli scavi hanno fornito e continueranno a fornire sulla storia di Castro e del Salento.

*Archeologo, direttore scientifico del Museo di Castro

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