Bellanova: al voto quanto prima, divisivo è chi cambia posizione e festeggia il "no"

Teresa Bellanova e Matteo Renzi
Teresa Bellanova e Matteo Renzi
di Francesco G. GIOFFREDI
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Mercoledì 7 Dicembre 2016, 12:57
Il ritorno a Roma è stato addolcito dai cori da stadio dei lavoratori Almaviva: “Teresa una di noi”, “Teresa pensaci tu”, “Teresa alza la voce”. Tutti assiepati davanti al ministero dello Sviluppo economico durante il vertice fiume per sbrogliare la matassa e scongiurare i licenziamenti. Teresa Bellanova è la donna delle vertenze più ostiche, viceministro al Mise legata a Matteo Renzi da un feeling sbocciato nel tempo.
Lo ammetta: non sarà semplice lasciare il ministero.
«Non sarà semplice lasciare a metà il tantissimo lavoro in corso, perché avverto la responsabilità nei confronti della vita di tantissimi lavoratori e lavoratrici».
Per mettere in sicurezza i dossier aperti e dare un governo al Paese, qual è la miglior strada? Un governo tecnico? O comunque a guida Pd? Meglio una personalità già impegnata nell'esperienza renziana?
«Mattarella saprà esercitare con saggezza e autorevolezza la sua funzione come d’altra parte ha già fatto. I dossier aperti sono talmente tanti che non basterebbe nemmeno un’altra legislatura. La strada migliore è legge di bilancio e voto. Un lavoro serio può essere garantito solo da un governo solido in cui il Paese si riconosce e a cui riconosce la necessaria autorevolezza nel compiere scelte impegnative. Mi auguro solo che quei dossier vengano affrontati con la stessa attenzione nei confronti dei lavoratori».
Legge di bilancio e voto, ma con quale legge elettorale?
«Con quella che la democrazia metterà a disposizione del Paese. Se tutte le forze politiche presenti in Parlamento sono animate dallo stesso obiettivo non sarà difficile trovare una quadratura del cerchio in tempi rapidi. Senza assistere al gioco stucchevole del tirare a campare».
Il verdetto di domenica è un giudizio severo dei giovani, dei disoccupati, delle fasce sociali deboli e del Sud nei confronti del governo, o forse dell’intero establishment. Insomma, è la stessa dinamica che ha prodotto la Brexit e l’elezione di Trump. Non avete percepito, o avete sottovalutato, che era saltata la connessione di Renzi, del Pd e del governo con quella fascia d’elettori?
«Domenica hanno detto “sì” oltre 13 milioni di cittadine e cittadini, alle europee a votare Pd furono circa 11 milioni di elettori e nelle scorse politiche la coalizione “Bene comune” totalizzò circa 10 milioni di voti. Comprendo perfettamente e conosco la rabbia dei giovani, di chi da troppo tempo aspetta risposte. Questo dato esige da tutti una lettura all’altezza delle questioni che pone e il meno possibile consolatoria. Il punto non è autoassolversi. Accetto meno la posizione di certa nomenclatura che ha avuto le possibilità e le opportunità per cambiare le cose, e non lo ha fatto».
Delusa dal risultato pugliese? Lei s’è spesa molto sul territorio, durante la campagna referendaria. E più o meno altrettanto hanno fatto gli altri parlamentari. Avete perso anche voi.
«Il Sud è stato nell’agenda politica nazionale in modo forte. Abbiamo seguito e affrontato vertenze importanti ma le questioni erano ferme da molto tempo, troppo. Risolverle dall’oggi al domani, venendo incontro alle attese, quasi impossibile. Allo stesso tempo registro il risultato del Salento, superiore alla media pugliese, nonostante l’evidente ostilità del partito provinciale. A spendermi non ero sola, con me ci sono stati i parlamentari Salvatore Capone e Federico Massa, il consigliere regionale Sergio Blasi, Cosimo Durante, tantissimi sindaci e amministratori. E poi tante ragazze e ragazzi, e di questo li ringrazio ad uno ad uno. Vedo alcuni nel mio partito danzare intorno al risultato del “no” come fosse farina del loro sacco: a me pare evidente che sono altri a poter cantare vittoria, Grillo e le destre».
Renzi deve restare alla guida del Pd? Lo sosterrà al prossimo congresso? O preferirebbe un'altra figura meno divisiva come Martina? Renzi forse ha trascurato il partito-comunità determinando disaffezione e alimentando le faide interne.
«Non ho sostenuto Renzi alla segreteria, ma in questi anni ho imparato a conoscerlo e ad apprezzarne la forza, la visione, il coraggio. Divisivo è il comportamento di chi in Parlamento assume una posizione e in piazza un’altra. E mi chiedo come possa tenersi in piedi una comunità se non si assume il principio di maggioranza».
Emiliano ha attaccato a viso aperto il vostro governo, anche su questioni scottanti come le risorse per la sanità di Taranto, su cui le risposte rischiano di non esserci. Il governatore potrebbe raccogliere attorno a sé la minoranza Pd e provare la scalata alla segreteria. Lo ritiene all’altezza della sfida? Potrebbe essere un federatore?
«Elena Gentile ha già detto al riguardo alcune cose importanti: l’impegno e il lavoro del Governo su Ilva e sulla rinascita di Taranto è stato enorme, lo rivendico per intero e con fierezza. Ci abbiamo messo la faccia e soprattutto creato le condizioni perché quell’azienda possa lavorare in sicurezza e nel rispetto della salute e dell’ambiente. Non mi sembra poco. Per il resto, Matteo Renzi ha dimostrato che il Pd è scalabile e dunque...».
Insomma: si accomodi. Nel partito leccese è in corso la resa dei conti. Il dalemiano Abaterusso rivolge a lei e agli altri parlamentari parole al vetriolo: rischiate di ridurre in frantumi il Pd.
«Non partecipo a un gioco al massacro che non ho iniziato. Non mi appartiene però una visione proprietaria e feudale del partito. Nella mia vita mi sono battuta contro i caporali, pensi se posso accettarne una gestione autocratica. Posso invece capire che per taluni sia ancora oggi difficile riconoscere a una donna autonomia e autorevolezza».
In primavera ci sarà un cruciale turno di amministrative. A Lecce le strade sembrano due: primarie oppure convergenza su Dario Stefàno. Lei quale delle due opzioni sceglie?
«O si lavora per una soluzione unitaria del Pd e delle altre forze che si riconoscono in un progetto comune o non vedo alternative alle primarie. Mi piacerebbe una proposta politica unitaria costruita nelle sedi deputate, con e nella città, di cui sia protagonista il partito cittadino, mentre vedo troppe stanze e troppe sacrestie ma zero proposte. Essere capaci di offrire non polemiche e attacchi fratricidi ma una visione e un’occasione».
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