Camorra in Veneto: arrestato un bancario,
coinvolto anche l'ex patron del San Donà

Sodalizio criminoso con pregiudicati di Napoli e Caserta (archivio)
Sodalizio criminoso con pregiudicati di Napoli e Caserta (archivio)
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Martedì 22 Maggio 2012, 13:48 - Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 10:27
VENEZIA - Tredici arresti tra Veneto, Campania e Puglia. Sono quelli portati a termine stamani dagli agenti della questura di Venezia, su mandato della Direzione distrettuale antimafia. Le persone coinvolte sono napoletani vicini ad ambienti della camorra, oltre a un funzionario di banca e l'ex patron del San Don Calcio, Mauro Bugno.



Il funzionario "infedele". La mente era proprio l'impiegato di banca Federico Marchesan, 34enne di San Stino di Livenza, i gregari un paio di imprenditori e un gruppo di campani, alcuni vicini alla camorra, che poi hanno imposto al gruppo la loro "legge" nella truffa da 4 milioni di euro ai danni del Banco di Napoli, in parte andata a buon fine. Ed è stato proprio Marchesan a far scoprire l'intera vicenda: dopo aver subito un pestaggio così violento da fargli saltare un dente con il calcio di una pistola, terrorizzato e piuttosto malconcio, l'uomo si è rivolto alla polizia. Marchessan, però, avrebbe raccontato solo mezza verità, perché la vera storia l'ha scoperta poi la polizia lagunare.



Coinvolto l'ex patron del San Donà Calcio. Secondo quanto accertato il patron del San Donà Calcio, per il pagamento degli stipendi ai giocatori e per sponsorizzazioni 2010/2011 della squadra di calcio, aveva predisposto con il bancario la negoziazione di 10 di questi assegni per un importo di 970mila euro.





LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI



Epicentro della vicenda, un bar di San Stino di Livenza, il cui proprietario, L.C., 36, ha problemi finanziari come altri suoi clienti, tra cui l'imprenditore edile Antonio Pacifico, 45, di Eraclea (Venezia), un napoletano trapiantato in Veneto come Luigi Vigliero, 36, di Eraclea; come il leccese Luigi Paolì, 55, o il muratore albanese Vanglel Alla, 34, residenti rispettivamente a San Stino ed Eraclea. A mettere in moto tutto è Pacifico che fa sapere in giro di aver moduli in bianco del Banco di Napoli intercettati dopo che erano stati stampati da una tipografia bergamasca. Marchesan, anche socio dell'Eurotecnica, sa come fare e si adopera per trovare dei beneficiari, perché in "palio" c'è un 15% per ognuno della "cricca" sull'intero importo.



Così l'ex patron del San Donà Calcio fino al 2011, Mauro Bugno, 44enne di Meolo, e Franco Crosariol, 71enne di San Stino, titolare della Edilgarby, entrambi in crisi, si prestano a mettere a frutto la truffa: il primo aprendo un conto a San Donà e versando con gli assegni rubati oltre 700 mila euro - somma poi trasferita come beneficiari ai campani -, il secondo con un conto alla Barclays Bank a Treviso. Quella della Banca del Veneziano è la terza tappa, dove Marchesan sceglie di "appoggiarsi" a una coppia di correntisti a loro insaputa.



I "soci" napoletani del banchiere pensano di essere stati fregati: il sequestro, il pestaggio e le minacce di morte. Ma il movimento viene bloccato dal direttore, che sebbene fosse in ferie quel giorno, il 2 marzo scorso, fa un salto in banca, nota lo strano movimento e decide di annullarlo. Per Marchesan cominciano i guai visto che non viene creduto dai suoi soci napoletani i quali pensano invece che lui si sia tenuto tutto. Gli danno 24 ore di tempo per restituire loro un milione come risarcimento per il mancato esito dell'affare; per convincerlo lo sequestrano e lo picchiano. «Noi siamo una famiglia. Tu sei solo. Ti possiamo fregare quando e come vogliamo», dice Verola a Marchesan, minacciando di ucciderlo e mettendogli la canna della pistola nella bocca.



Il banchiere corre dalla polizia. A quel punto, Marchesan intuisce che la sua vita è in pericolo e corre dalla polizia. Le indagini portano poi alla ricostruzione dell'intero intreccio a fini truffaldini e ai provvedimenti odierni. Il pm della D.D.A. di Venezia Roberto Terzo a chiedere e ottenere dal gip Michele Medici, 13 provvedimenti restrittivi per estorsione aggravata, porto di armi da sparo, ricettazione, truffa, lesioni gravi, falso, commessi con l'aggravante delle modalità mafiose (416 bis).